Storia dei rinvenimenti

La storia archeologica del territorio del Municipio 4 comincia al principio del XVII secolo, quando l’abate Antonio Beatillo, nella sua Historia di Bari (1637), segnala il rinvenimento fortuito di sepolcri e vasi antichi. Sul finire del XVIII secolo Emanuele Mola, erudito e antiquario barese, ottenne dal Re di Napoli la licenza necessaria a eseguire scavi ed entrato in società con il sacerdote Vincenzo Carmonisini condusse una serie di scavi nei dintorni di Ceglie del Campo. Poco dopo, nel 1790, Emanuele Mola ricevette incarico ufficiale di soprintendente alle antichità della Provincia di Bari; tuttavia, nonostante alcuni scritti importanti per la conoscenza della storia archeologica di Ceglie del Campo, con la nuova nomina cominciarono una serie di accuse in relazione ad ambigue attività legate alla compravendita di antichità che lo portarono più volte tra gli intestatari di processi per reità di Stato.

Nella prima metà de XIX secolo la storia delle scoperte a Ceglie del Campo si intreccia con la vicenda personale del barone Franz von Koller, generale e diplomatico austriaco che tra il 1815 e il 1826 fu impegnato a più riprese presso la corte borbonica nel Regno delle Due Sicilie. Nei soggiorni in Italia meridionale il barone poté dare seguito alla sua passione per l’archeologia, collezionando antichità ed eseguendo scavi nell’area flegrea con il permesso del re di Napoli e con la collaborazione di illustri studiosi. Il diplomatico austriaco, proprietario di una ricca e importante collezione antiquaria, venne anche in possesso di alcuni reperti, di cui molti ridotti in frammenti, provenienti da scavi non ufficiali condotti a Ceglie del Campo. Alla morte di von Koller la collezione di vasi, compresi i reperti di Ceglie, fu acquistata dal re di Prussia; destinati al Museo di Berlino, i reperti provenienti da Ceglie del Campo sono attualmente esposti nelle sale dell’Altes Museum.

Un momento molto importante nella storia dell’archeologia di Ceglie del Campo è rappresentato dall’anno 1898.  Nei primi giorni di aprile, lavorando nel suo giardino, Giuseppe Rocco Roppo rinvenne i resti di un corredo funerario eccezionalmente ricco. La scoperta rimase ignota agli organi dello Stato che ne furono informati solo in seguito alla nascita di controversie sulla proprietà dei reperti. Nella disputa intervennero l’ispettore dei Monumenti e scavi di Bari, Giambattista Nitto de Rossi, e il Direttore del Museo Provinciale di Bari, Maximilian Mayer, il quale riconobbe tombe del tipo a semicamera, realizzate con grandi blocchi di tufo intonacati e dipinti. Il corredo delle sepolture, ricchissimo, attirò l’interesse del commercio antiquario e per evitare la dispersione dei reperti dovette intervenire anche la Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti che impose il divieto di esportazione e alienazione. Nello stesso frangente, Quintino Quagliati, allora Direttore del Museo nazionale di Taranto, assicurò a favore della sua istituzione l’acquisto dell’insieme degli oggetti per un importo di L. 7500. Particolarmente interessanti, tra i reperti vi erano vasi a figure rosse d’importazione greca della produzione del Pittore dei Niobidi e del Pittore di Eretria e vasi a figure rosse di provenienza magnogreca, tra i quali i crateri del Pittore delle Carnee e del Pittore della Nascita di Dioniso. Questi prevoli esempi di arte vascolare sono oggi conservati ed esposti nelle sale del Museo Nazionale Archeologico di Taranto.

Pochi anni dopo, nel 1904, a metà strada tra i centri abitati di Ceglie del Campo e Carbonara durante i lavori per la realizzazione della stazione sulla linea ferroviaria del Sud-Est, un altro importante rinvenimento ha consentito di recuperare il corredo dal quale provengono un cratere del Pittore delle Grandi Teste e un bronzetto raffigurante Apollo saettante, datato ai decenni iniziali del V secolo a.C. Anche in questo caso, il rinvenimento fu oggetto di contesa. Questa volta la controversia nata tra il Museo provinciale di Bari e il Museo nazionale di Taranto per l’assegnazione dei reperti fu risolta con l’assegnazione del bronzetto, più tre vasi a figure rosse e un oggetto in ambra al museo della città di Bari; il resto del materiale fu consegnato al museo di Taranto. Tuttavia, le scoperte legate alla realizzazione della linea ferroviaria non furono limitate a quella circostanza e una parte del cospicuo materiale archeologico rinvenuto nella trincea di costruzione fu raccolto per confluire nella collezione privata dell’ing. Arturo Polese, allora direttore amministrativo delle Ferrovie del Sud-Est. Nel 1925, su proposta della Commissione di Archeologia e Storia Patria, la collezione fu acquistata dall’Amministrazione provinciale di Bari per il Museo archeologico della città e una selezione esemplificativa dell’ampia collezione è attualmente esposta nelle sale del Museo Archeologico di Santa Scolastica.

Tra il 1906 e il 1913 i ritrovamenti si fecero più numerosi, anche in concomitanza della progressiva espansione edilizia. Le scoperte interessarono diversi settori del territorio tra Ceglie del Campo e Carbonara: tra i rinvenimenti più significativi un cratere a mascheroni e un cratere a calice di produzione apula furono acquistati dal Museo di Bari, mentre la gran parte dei reperti rinvenuti in quegli anni confluirono nei depositi del Museo di Taranto. Tra il 1916 e il 1928 i ritrovamenti continuarono, accumunati dal carattere fortuito delle scoperte, dalle mancate denunce e dai recuperi forzati da parte dei Carabinieri. In base alle leggi in vigore, tutti i rinvenimenti di quegli anni furono trasferiti a Taranto.

L’alto numero di scoperte e il conseguente trasferimento a Taranto dei reperti indussero l’Amministrazione Provinciale di Bari a insistere con il Ministero della Pubblica Istruzione per ottenere una concessione di scavo; la richiesta fu accolta e formalizzata nel settembre del 1929 e già nello stesso mese fu eseguita una campagna sistematica di scavi, forse nelle vicinanze di Via L. Settembrini, diretti da Michele Gervasio, allora Direttore del Museo di Bari. Si rinvennero ventuno tombe; di queste: quattro erano state violate; il materiale di altre quattro fu trafugato; i reperti di tre corredi non furono identificati negli archivi del museo, dove rimangono i corredi delle altre dieci sepolture. Gli scavi condotti da Michele Gervasio rappresentano un momento particolarmente importante nella storia dei rinvenimenti nel territorio dell’attuale Municipio 4 poiché, effettuati per la prima volta con metodo scientifico, hanno consentito di assumere importanti informazioni in merito al rituale funebre, al tipo di società e al grado di ellenizzazione dell’antica Kailìa tra il VI e il IV secolo a.C. I risultati di quella campagna di scavo furono pubblicati e si diede avvio ad una seconda campagna di scavo tra il dicembre 1930 e il gennaio dell’anno seguente. Intanto, in quegli anni la Soprintendenza alle Antichità fu trasferita da Taranto a Bari e in conseguenza di questo i cospicui materiali che continuavano ad essere rinvenuti nelle aree di Ceglie del Campo e Carbonara furono nella disponibilità del nuovo organo competente. Tuttavia, nel 1939 il materiale in possesso della Soprintendenza di Bari venne destinato al Museo di Taranto e in quell’occasione fu redatto un elenco che rivelò non pochi problemi di ricomposizione e attribuzione di alcuni scavi condotti tra il 1935 e il 1936. Negli stessi anni, il custode della Soprintendenza, Raffaele Caprio, recuperava corredi tombali in casa di alcuni cittadini: tutti furono inviati al Museo di Taranto. Le ricerche di quegli anni condotte nell’area di Sant’Angelo, complesso monastico benedettino dell’XI secolo, rimangono importanti poiché consentirono di riconoscere livelli di frequentazione e strutture murarie riferibili all’insediamento di età romana, sovrapposti alla necropoli più antica. Nella stessa zona, tra gli anni Cinquanta e Settanta si segnalarono altre scoperte fortuite: tutte, purtroppo, scarsamente documentate. Sempre a Ceglie del Campo, nel 1942 furono rinvenute alcune tombe durante i lavori di costruzione della scuola materna “Principe di Napoli”. Nel 1958 nel corso dei lavori per l’ampliamento della scuola elementare “Di Venere”, si rinvennero dieci tombe, già depredate; nello stesso anno, nei pressi della stazione ferroviaria fu rinvenuta una tomba a camera con ricco corredo, ora al Museo di Bari. Nel 1963, a Carbonara si rinvenne una tomba con corredo, purtroppo trafugato; pochi giorni dopo i lavori in corso distrussero altre due tombe e ne rivelarono una quarta. All’inizio del 1977, durante i lavori di costruzione dell’Opera Pia Ospedale Di Venere, in un’area adiacente all’Abazia di Sant’Angelo, ora in stato di rudere, vennero alla luce una decina di tombe scavate nel banco tufaceo, ricoperte da lastroni e, purtroppo, già predate.

Infine, con gli anni Ottanta si aprì la stagione degli interventi di archeologia urbana condotti dalla Soprintendenza Archeologica di Puglia, più volte intervenuta nel comprensorio territoriale di Ceglie del Campo e Carbonara. I risultati delle ricerche condotte a più riprese tra il 1983 e il 1992 sono qui brevemente riassunti.

  • 1983
    Ceglie del Campo, via Corticelli. In località Piazzolla, lavori edili consentono di recuperare due corredi tombali di età classica. L’intervento della Soprintendenza, nell’ambito di uno scavo di urgenza, consente di acquisire e documentare un settore di una delle necropoli dell’abitato antico e di raccogliere indizi utili alla ricostruzione del perimetro fortificato, segnalato nella zona dalla letteratura archeologica. I lavori in corso non danneggiarono la tomba 83/1: per il corredo è stata proposta una datazione al 475-450 a.C. ca.; Tomba 83/2: corredo datato entro la seconda metà del V secolo a.C.
     
  • 1988
    Ceglie del Campo, via A. Losito. In un cantiere edile si rinvengono tre tombe del tipo a pseudosarcofago, depredate in antico. Tra i pochi frammenti rinvenuti, un cratere a mascheroni, un kàntharos e un’oinochòe databili al III secolo a.C.

    Ceglie del Campo, via U. Foscolo. Indagine preventiva per la realizzazione di lavori edili. Lo scavo ha indagato una vasta necropoli composta da ventisette tombe a fossa, a sarcofago e a pseudosarcofago. Quasi tutte le tombe risultarono depredate in antico, ma sulla base dei contesti e del materiale superstite si è potuto datare le fasi d’uso in un periodo compreso tra il V e l’inizio del III secolo a.C. Così come rilevato nella vicina area del complesso benedettino di Sant’Angelo, anche questo settore del comparto territoriale sembra attestare il nuovo assetto urbanistico assunto dalla città in età romana e, successivamente, nelle fasi di vita tardoromana, documentata dalla presenza di un nucleo di ventuno tombe che documentano la presenza ebraica a Ceglie del Campo.

    Ceglie del Campo, via Umberto I. In un cantiere edile, non distante dal cimitero moderno, si indagano dodici strutture tombali di varia tipologia, tutte depredate in antico. Otto tombe a pseudosarcofago, con pareti intonacate; quattro tombe a fossa a pianta rettangolare. Alcuni oggetti recuperati nei pressi di una delle sepolture possono essere datati alla fine del IV secolo a.C.

    Ceglie del Campo, via Vittorio Veneto. Alla periferia meridionale dell’abitato, durante i lavori per l’impianto di condotte idrico-fognanti, si rinvengono due tombe del tipo a pesudosarcofago colme di terreno e pietre.

    Carbonara, via U. Foscolo. Nel corso di lavori edili si rinvennero nove tombe, in parte già depredate in antico. Cinque del tipo a sarcofago, due a semicamera, una a cista, una a fossa scavata nel banco tufaceo. Tomba 88/1: corredo datato al fine IV- III secolo a.C.; Tomba 88/3: corredo datato alla metà del V secolo a.C.; Tomba 88/4: kàntharos databile nell’ambito del VI secolo a.C.; Tomba 88/6: corredo databile all’ultimo trentennio del IV secolo a.C.; Tomba 88/9: corredo databile al IV secolo a.C.
     
  • 1989
    Ceglie, via F. Rubini. Nel corso di lavori edili sono stati rinvenute due sepolture e tre cisterne di età romana. Le sepolture risultarono già depredate: tra i pochi rinvenimenti, una moneta in argento con testa di Roma sul dritto e Dioscuri al rovescio, databile non prima del 211 a.C. Le cisterne hanno restituito materiale eterogeneo dal IV al I secolo a.C.

    Carbonara, via U. Foscolo. L’intervento, avvento nell’ambito di lavori edilizi, ha rivelato dieci tombe, della tipologia a sarcofago, a pseudosarcofago, a fossa. Predate in antico, le tombe sono state datate tra il V e il III secolo a.C.

    Carbonara, via Vaccarella. Lavori di sbancamento per cantieri edili consentono di intercettare trentatré tombe, del tipo a sarcofago, a fossa e pseudosarcofago. L’area, compromessa da precedenti sfruttamenti a fini estrattivi per materiale da costruzione, ha restituito elementi sulla base dei quali i corredi coprono un arco temporale che va dal VI alla seconda metà del IV secolo a.C. Tra gli altri reperti, nel terreno di risulta si è rinvenuta una moneta in bronzo della zecca di Caelia, con testa di Zeus al dritto e Atena in corsa sul rovescio; la moneta si data al II secolo a.C.
     
  • 1990-1992
    Ceglie del Campo, zona 167. L’area, nota come contrada Piazzolla, corrisponde al settore nord-orientale della città antica. Già interessata da scavi legati ai cantieri edili che interessarono la zona a partire dagli anni Ottanta, la Soprintendenza continuò a operare per le stesse esigenze legate all’espansione edilizia in corso tra via Gorizia e via Corticelli. Le ricerche misero in luce i resti di un’abitazione e di una cisterna con materiale databile tra il IV e il III secolo a.C. Inoltre, in quell’occasione furono evidenziati i resti di una struttura interpretabile come parte del circuito murario difensivo.

    Ceglie del Campo, via V. Roppo. I lavori di sbancamento in corso per un cantiere edilizio hanno intercettato due tombe a fossa. Le sepolture sono state datate ad una fase avanzata del III secolo a.C.

    Ceglie del Campo, Strada vicinale S. Nicola. Nell’area, nota per il rinvenimento di tombe e di una lastra con iscrizione funeraria, si rinvenne una cisterna, di forma troncoconica, scavata nel banco tufaceo. I materiali rinvenuti si datato tra il IV e il II secolo a.C.

    Tra il 1990 e il 1992 la vasta area archeologica nei pressi del complesso benedettino di Sant’Angelo è stata oggetto d’indagine da parte della Soprintendenza che avrebbe dovuto verificare la compatibilità del sito rispetto ai programmi edilizi che, all’epoca, erano interessati dalla costruzione di un grande residenza per anziani e di un istituto scolastico. Le ricerche confermarono la significativa presenza di resti archeologici riconducibili all’impianto di una grande necropoli con sepolture che vanno dalla metà del VI al III secolo a.C. Come documentato in aree contigue, le indagini nell’area sembrarono confermare un differente utilizzo della zona causato, forse, da una differente destinazione d’uso – probabilmente a carattere residenziale – riconducibile ai mutamenti urbanistici che dovettero verificarsi nel territorio dell’antico centro peucezio tra la fine del III e il I secolo a.C.
    Il settore indagato fra via Vaccarella e l’area di S. Angelo era in quegli anni interessato dalla realizzazione del nuovo Istituto Tecnico Commerciale. Il vincolo imposto all’area rese necessarie le indagini archeologiche preliminari che portarono a esisti di notevole interesse. La superficie indagata, estesa per oltre 3000 mq., rivelò la presenza di una vasta necropoli con oltre cento quarantacinque tombe, del tipo a sarcofago, a semicamera e a fossa. A esclusione di una sola tomba, inviolata, anche in questo caso, purtroppo, lo scavo ha documentato il sistematico saccheggio clandestino che caratterizza molta parte dei siti d’interesse archeologico della zona. I materiali superstiti hanno consentito di confermare l’uso della necropoli tra il IV e il III secolo a.C. Anche nell’area destinata alla costruzione dell’edificio scolastico, attigua al terreno sul quale avrebbe dovuto essere realizzato il complesso “Aldo Moro”, le ricerche hanno intercettato tracce di abitato, fosse di scarico e cisterne.
     
  • 1992-1993
    Ceglie del Campo, via D. Di Venere. Nell’area compresa tra la strada vicinale S. Nicola e via D. Di Venere, in occasione di lavori di ampliamento della scuola elementare, la Soprintendenza ebbe modo di intervenire con indagini sistematiche in un’area non compromessa dall’espansione edilizia e dallo sfruttamento agricolo intensivo. I lavori hanno rivelato resti pertinenti a diverse fasi insediative: strutture d’uso di età arcaico-classica; sepolture di III secolo a.C.; strati di frequentazione del III-I secolo a.C.
     
  • 2000-2020
    Nel corso dei lavori per la realizzazione di un giardino pubblico in via Manzari, in un’area corrispondente al settore nord-est dell’antica Ceglie, nel corso del 2019 sono stati effettuati saggi di scavo al fine di verificare l’eventuale presenza di reperti archeologici. La Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città Metropolitana di Bari ha intercettato alcune sepolture, di cui una completa del corredo funerario. Sulla base dei dati raccolti è stata proposta una cronologia compresa tra il V e il III secolo a.C.

 

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