Carbonara di Bari

Nel casalino sono riposti gli attrezzi da lavoro (per l'agricoltore e per l'allevatore) e le scorte alimentari: Carbonara di Bari è un casale, di proprietà in massima parte ecclesiastica (bolla papale in cui viene citato il casale di Carbonara) e feudale, che, negli anni a cavallo del 1200, paga contributi alla corte angioina per il mantenimento della difesa militare nel regno di Napoli. All'epoca l'estensione del territorio è meno di 5 Kmq, (come una grande masseria della provincia di Foggia dove molti Carbonaresi emigravano, durante il mese di giugno, fornendo la manodopera per la raccolta del grano del Tavoliere: la testimonianza è in atti notarili, anche di fine 1800, depositati presso l'Archivio di Stato di Bari) quantità davvero minima per le necessità di una popolazione che trae dall'agricoltura e dall'allevamento (in percentuale ridotta) il sostegno della propria economia. Una predisposizione alla attività agricola, tutta carbona rese , testimoniata da una statistica sulla resa dei terreni redatta dai funzionari del regno ed ancora dalle descrizioni dei geografi a metà del XIX secolo. Si descrive la campagna carbonarese come una terra fertile che produce ortaggi, legumi, e frutta di ottima qualità: sul primo catasto redatto nel 1752 si legge più volte la contrada "cocevole" terreno idoneo per la coltivazione dei legumi) ed ancora oggi è facile trovare all'interno del paese piccoli giardini dove resistono antichi alberi di fioroni, albicocche e melograni, limoni e pere.

La Madonna del Fonte, protettrice del Quartiere insieme a S. Filippo Neri, ci segnala il legame e l'importanza dell'acqua preziosa per l'irrigazione dei campi e pericolosa quando precipita in maniera violenta (come l'ultima alluvione dello scorso anno) ma anche purificatrice dell'aria insalubre generata da malattie infettive (la peste, il colera, il tifo) e sterminatrice di cavallette e bruchi. (divoratori di raccolti, come è stato testimoniato dallo storico locale dott. Giuseppe De Marinis) Ricordano e cercano il sapore del pane fatto in casa i carbonaresi emigrati all'estero (in ondate successive dalla fine dell'1800 fino a metà del 1900) e non solo loro, viste le nuove disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro ed igiene pubblica: ci sono leggi ben precise che rendono possibile la coltivazione di pesche e ciliegie irrorate con ormoni ,ma vietano la cottura del pane e dei fagioli nei cocci di creta esposti al calore del vecchio forno a legna. Ricordano la piazza del castello (spettatrice fredda ed imponente degli episodi violenti accaduti intorno alla metà del 1300 ed alla fine del 1700) e la piccola chiesa della Madonna delle Grazie e la strada del Corso (ora Via S. Agnese): gli abitanti del casale abitavano quasi tutti li all'ombra del castello e del feudatario, (l'ultimo fu Giacomo Filomarino principe della Rocca e Duca di Perdifumo, Barone di Carbonara come si legge nel Catasto murattiano del 1812) legati alla Capitale della provincia (Bari) anche da quella antica via detta "Dietro il Fosso" (ora via U. Foscolo) che tira per Ceglie e Taranto, attraversando un territorio ricco di lamie (avvallamenti, ingrottamenti) e fossi: in latino tardo fosso si traduce "Carvonarium".

Carbonara sino al 1928 fu un Comune autonomo; nel 1929 divenne frazione, nel 1970 un quartiere, negli anni '80 parte importante della IV Circoscrizione e infine nel 2014 parte del IV Municipio del Comune di Bari.

Attualmente è una zona abbastanza sviluppata dal punto di vista agricolo, commerciale e artigianale.